L’accertamento della natura ritorsiva
del licenziamento in un caso recentemente affrontato dal Tribunale
del Lavoro di Milano (sentenza n. 1936 del 23.08.2019, est. Dott.ssa Chiara
Colosimo) è scaturito dalla minuziosa ed accurata indagine circa la successione
temporale dei fatti verificatisi prima del licenziamento.
Il licenziamento era stato intimato il giorno 6 settembre per mancato superamento della prova, ma le conversazioni intervenute tramite messaggi di whatsapp e posta elettronica tra il lavoratore e l’azienda hanno evidenziato che, proprio nei quindici giorni precedenti l’intimazione del licenziamento, è accaduto che:
- il 17 agosto, il lavoratore ha reso noto all’addetto alle paghe che il suo compenso in busta paga non era stato correttamente calcolato;
- il 29 agosto, il lavoratore ha sollecitato un controllo della sua busta paga da parte del datore di lavoro;
- il 31 agosto, l’addetto paghe ha risposto al lavoratore fornendo le sue spiegazioni circa la correttezza del cedolino paga;
- il 1° settembre, il lavoratore ha insistito nella richiesta di ricalcolo della sua busta paga ed in particolare delle maggiorazioni sul lavoro straordinario;
- il 3 settembre, l’addetto alle paghe ha promesso al lavoratore una nuova verifica della busta paga;
- il 5 settembre, l’addetto paghe ha chiesto al lavoratore la conferma del suo indirizzo di residenza senza che ve ne fosse alcuna giustificazione o motivo;
- il 5 settembre stesso, il datore di lavoro ha spedito la lettera di licenziamento per mancato superamento del periodo di prova.
Il Giudice, pertanto, rilevato che: <<risulta oltremodo significativa la successione temporale – documentalmente provata – tra le richieste reiterate dal lavoratore e la comunicazione di licenziamento inoltrata>>, ha concluso che <<collocato nel contesto fattuale e temporale cui effettivamente appartiene, il licenziamento per cui è causa appalesa la propria natura ritorsiva quale ingiusta reazione a una pretesa del tutto legittima del lavoratore, risultando sotto questo profilo irrilevante la fondatezza o infondatezza delle doglianze avanzate>>.
Il datore di lavoro è stato condannato a reintegrare in servizio il lavoratore, a corrispondergli tutte le retribuzioni perse (oltre i contributi previdenziali) dalla data del licenziamento alla effettiva riammissione in servizio, nonché al pagamento delle spese legali pari ad € 6.000,00 oltre accessori di legge.
Cala Mosca (Cagliari).
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